Tornata…

Questa volta è stato diverso. Abituata a camminare da sola, ho invece imparato a condividere con un'altra persona le mie esperienze. Tanti pensieri contrastanti affollavano la mia mente prima della partenza: prima fra tutte la preoccupazione di essere in grado di guidare Fabio con perizia e sicurezza attraverso il deserto. Perché il deserto non è solo sabbia, il deserto è pietre, il deserto è dune, salite, discese e un passo falso può costare molto… La preparazione atletica è stata scrupolosa e completa, ma condotta singolarmente: Fabio ed io non avevamo mai camminato insieme se non per le vie trafficate del centro di Milano, dove non c'è nemmeno da fare paragone. Sapevo, inoltre, che non sarebbe stato facile, e di questo era cosciente anche Fabio, ma sapevo che era un livello di coscienza diverso, mediato, mai provato sulla propria pelle. Io, invece, l'ho provato tutte le volte che ho compiuto un'impresa nel deserto. Sapevo che dopo qualche giorno, lo zaino si fa più pesante, i muscoli cominciano a dolere, i piedi si piagano e la strada ancora da compiere sembra più lunga. Sapevo che avrei dovuto essere forte, per entrambi, perché ho sempre sostenuto che il limite è solo dentro di noi.
E poi c'erano gli aspetti pratici, montare la tenda, preparare il cibo, trovare l'acqua. Quello del rifornimento di acqua è un momento estremamente delicato che avrei dovuto affrontare da sola, alle prese con il GPS, e più che altro alle prese con quel sentimento di inquietudine che ogni volta ti assale quando sai che da un gesto, uno solo, dipende, la tua sopravvivenza e, soprattutto, quella di un'altra persona che in te ha fiducia. Queste le ansie e poi la calma. Il senso di calma ma ha avvolta al momento della partenza: quello che io chiamo il momento del non-ritorno. Abbiamo trovato subito il passo, legati da una cordicella, non c'è stato nemmeno bisogno di parlare: la sintonia è stata perfetta dall'inizio. Una sintonia che è durata per tutto il percorso. E' cambiato, invece, il mio modo di "sentire" Fabio. Al principio era un Fabio atleta, il recordmen. Quanti passi, quanti minuti, quanti chilometri. Fabio mi dimostrava di essere perfettamente in forma per far fronte alla prestazione fisica. Poi l'abbraccio del deserto ci ha avvolti e il tempo, le distanze, il cammino compiuto, la tabella di marcia sono passati in secondo piano. E' cominciato il percorso più bello, quello della riscoperta introspettiva. Fabio mi ha parlato dei suoi poeti preferiti, delle sue sensazioni, del suo modo di "vedere" il deserto. I gesti si sono fatti precisi, più lenti, più mirati, l'armonia è stata perfetta. L'arrivo ha segnato quasi una mia ripartenza. La direzione è precisa: non voglio più essere da sola, ma non perché ciò non mi piace più o perché, improvvisamente, mi spaventa, ma perché penso sia giunto il momento di condividere con gli altri le mie esperienze. Tra i miei progetti la priorità va ora all'organizzazione della minimaratona per disabili a Milano e l'avviamento della Desert Therapy, ovvero portare a camminare nel deserto tutti coloro che vogliono trovare se stessi, tutti coloro che amano il deserto, cui, sono sicura il deserto mostrerà la strada. Fuori e dentro.