Deserto del Ténéré
Periodo: ottobre del 1991
Dal XV secolo ogni anno i Tuareg si mettono in marcia dalle
oasi del Ténéré in Niger verso i mercati dove baratteranno
il salgemma indispensabile alla vita degli animali e degli uomini.
Sono centinaia di chilometri del più famoso e terribile deserto
del mondo, guidando con il sole e con le stelle una lunga teoria
di cammelli. In realtà si tratta di dromedari, ma per i
Tuareg sono "chameaux".
La partenza avviene dalle saline di Fachi, per concludersi
all’oasi di Tureiet: sono circa 450 km. in direzione
est-ovest.
La carovana del sale, chiamata comunemente “Azalai” dai
francesi e Taralamt dai Tuareg, è l’ultima vera
tradizione di questo popolo legata al nomadismo.
Carla si è unita ad una di queste carovane grazie all’autorizzazione
del loro capo, l’unico in grado di orientarsi tra la sabbia senza
strumenti, servendosi solo del suo incredibile istinto. Ma ad
una condizione: se non fosse stata in grado di mantenere i ritmi
di marcia del gruppo, l’avrebbero abbandonata nel deserto
Con 17 uomini e 200 cammelli ha camminato per 9 giorni percorrendo
450 chilometri. Per la prima volta nella storia, una donna è stata
accettata nell’Azalai, infatti per tradizione i Tuareg
non concedono alle loro donne di prendervi parte.
Ogni mattina si parte alle sette e si cammina fino a notte fonda
senza mai fermarsi.
Durante le ore più calde (tra le 11.30 e le 2) e quando viene
buio, è necessario salire sui rispettivi cammelli. Gli uomini
insegnano a Carla come farlo mentre la carovana è in movimento.
Non è possibile fermare una colonna di così tanti animali legati
l’uno all’altro. Le temperature diurne in quel periodo oscillano
dai 60 gradi nelle ore centrali della giornata a 10 gradi durante
la notte. A Carla è stato assegnato un cammello carico di sale,
che trasporta anche il suo materiale da campo e l’acqua. Nessuno
di loro è sellato.
A causa delle grande caldo il consumo di acqua è molto alto, circa
sette litri al giorno.
Durante la notte gli animali vengono scaricati e fatti mangiare,
ma per tutta la durata della traversata non possono bere.
Al riparo della piccola tendina montata poco lontano dall’accampamento,
Carla scioglie i capelli che per tutto il giorno sono stati legati
e compressi dai sei metri di garza di cotone del turbante e si
libera dei vestiti, identici a quelli dei Tuareg. La pressione
psicologica è fortissima ed il fisico è molto provato dai ritmi
terribili della carovana. Dopo aver mangiato qualcosa, le restano
poco più di tre ore di sonno prima di riprendere il cammino.
“ E’ la notte peggiore della mia vita. Per la prima volta mi trovo
di fronte un’entità della quale non sospettavo neppure l’esistenza:
l’altra parte di me… Senza accorgermene incomincio a parlarle
a voce alta, quasi con rabbia per non lasciarmi sopraffare. Da
una parte c’è la voglia di abbandonare…. Dall’altra la determinazione
ad andare avanti, a non arrendersi alle prime difficoltà, a non
gettare via il lavoro ed i sogni di tanti mesi.”
Il panorama è stupendo: grandi cordoni di dune cicondano dovunque
la grossa carovana, quasi a volerla inghiottire nella sabbia color
ocra.
Dopo quattro giorni la carovana arriva all’albero del Ténéré.
Si provvede al rifornimento d’acqua ma solo per gli uomini, il
pozzo profondo 40 metri non permette di abbeverare così tanti
animali
I cammelli, stanchi e nervosi per la mancanza d’acqua, incominciano
a dare problemi. Aorat, quello di Carla, bianco con gli
occhi azzurri è particolarmente capriccioso.
Il rapporto tra i Tuareg e Carla sta cambiando. Gli uomini
che all’inizio apparivano freddi e distaccati, in realtà si preoccupano
della loro ospite e pian piano le insegnano a diventare una nomade.
Con uno di loro, Ala che parla un poco di francese, riesce
a scambiare qualche parola, anche se le giornate sono scandite
dal silenzio, interrotto solo dal fruscìo delle zampe nella sabbia.
Dai suoi compagni di viaggio impara ad amare il deserto, e ogni
giorno la fatica e le sofferenze si stemperano per lasciare il
posto ad un gran senso di benessere. Ala le spiega:
“Sai perché gli stranieri soffrono tanto nel deserto, perché non
possono viverci?…. Perché pretendono di trasportare qui tutte
le loro abitudini, perché non sanno rinunciare alle loro comodità.
Se non vuoi soffrire segui le nostre regole, mangia vivi come
noi, imparerai così anche a pensare come noi.”
Numerosi sono le difficoltà che Carla deve affrontare ogni giorno.
Febbre, un attacco di dissenteria crisi psicologiche, oltre a
una terribile tempesta di sabbia, ma ogni volta trova la forza
per continuare. Sa che fermarsi vuol dire trovarsi sola nel deserto,
prima di venire recuperata dalla squadra di appoggio (coordinata
da suo marito) che con due fuoristrada la segue a decine di chilometri
di distanza, scrutando le tracce della carovana.
Ad ogni passo aumenta la conoscenza del deserto e l’amore per
un ambiente che sembrava tanto ostile.
Impara a convivere con l’altra parte di se che tanto l’aveva spaventata
e lentamente arriva a raggiungere l’equilibrio interiore ed esteriore
che l’aiuta a superare ogni ostacolo.
Dopo 9 giorni, Carla porta a termine della sua impresa. All’oasi
di Tureiet l’accolgono tutti gli abitanti della piccola
comunità. Insieme a loro ad aspettarla ci sono anche il marito
Oscar e Max, il figlio quattordicenne arrivato apposta dall’Italia
e per l’occasione viene organizzata una festa Tuareg per
festeggiare la prima donna dell’Azalai.
“Ciò che il deserto vuole è del deserto” recita un proverbio Tuareg.
Dopo quest’impresa Carla sente di appartenergli per sempre.
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